Martedì 27 settembre 2016 un ragazzo di 22 anni appena compiuti di prima mattina, senza particolari problemi di salute, si sveglia con forte dolori agli arti. Immediatamente capisce che qualcosa non va, si mette faticosamente in piedi e dopo qualche passo stramazza al suolo. Incapace di rialzarsi. Data la mole considerevole del ragazzo, di 1,84m e di oltre 120 kilogrammi, – di concerto con il medico di famiglia prontamente avvertito – si decide di chiamare l’ambulanza del 118 per potersi dirigere in ospedale. Tempestivamente l’ambulanza arriva, professionalmente viene caricato in barella a braccia e trasportato al pronto soccorso. L’ambulanza arriva alle 9:16 circa, quindi è lecito pensare che si arrivi in ospedale a sirene spiegate tra le 9:22 e le 9:25, forse anche prima.
All’ospedale Giovanni Paolo II di Sciacca, sempre accompagnato dagli operatori del 118, si arriva al Triage, dove vengono fatte alcune domande al ragazzo, ovviamente preoccupato per la situazione. L’unico accertamento che viene fatto è la misurazione della pressione, giudicata “altina”, a “150”.
Da quel punto in poi il “nulla”.
Passano le ore di attesa, circa 5, si arriva alle ore 14:30 circa del pomeriggio ed ancora nessuno si è degnato neppure di controllare un ragazzo che è arrivato in pronto soccorso incapace di deambulare e senza motivi conosciuti, partendo da uno stato di buona salute. In altre parole, significa che potrebbe essere qualsiasi la causa, non c’è nulla “sotto controllo”. Ad ogni modo, dopo tutto questo tempo il ragazzo tenta di alzarsi e faticosamente ci riesce, sempre dovendosi appoggiare ai familiari presenti, camminando in maniera evidentemente goffa e squilibrata dati i fortissimi dolori agli arti e soprattutto alle ginocchia.
Allora, data la situazione al dir poco paradossale, il ragazzo ed i suoi familiari chiedono spiegazioni agli infermieri in giro per il reparto, ma nessuno risponde nulla, talvolta non dando neppure retta a chi gli sta parlando, come se nessuno gli stesse chiedendo nulla. E sicuramente questa non si può definire una cosa normale, al netto di tutto lo stress che tale reparto può generare nei suoi lavoratori, la cortesia e la disponibilità dovrebbe esserci; almeno crediamo. Soprattutto perché il cambio di turno era appena avvenuto e quindi il personale medico si presume che dovesse essere ancora fresco e pimpante a quell’ora.
ospedale-sciacca2Dopo tutto questo tempo il giovane chiede quindi di poter andare almeno a casa, firmando, – intanto si sono fatti le 15:00 circa – decidendo quindi di farsi visitare privatamente a domicilio. Anche in questo caso il personale del pronto soccorso non si mostra collaborativo, allora dopo una animata discussione da parte dei familiari del ragazzo e dopo che il ragazzo stesso si è sentito dire da una infermiera “cortese” di “non essere in lista per la visita”, mentre altri pazienti venivano rivisitati più volte, decide di andarsene comunque, senza che nessuno del personale medico obietti nulla. Anzi no, o forse “chissà”, dato che gli astanti hanno chiamato poi il ragazzo ed i suoi familiari mentre se ne andavano, dicendo che qualcuno del personale medico li aveva richiamati, ma dopo essere tornati al pronto soccorso, lo stesso personale medico ha negato di aver mai chiamato il ragazzo.
A casa, il giovane che per camminare ha bisogno dell’aiuto dei familiari, si sente anche peggio, probabilmente per lo sforzo fatto. Il medico di famiglia visita il giovane in casa, alle 18:00, costatando una “sintomatologia febbrile con neuropatia periferica agli arti inferiori” – ricordiamo che in fase acuta, la mattina, molte ore prima, il ragazzo accusava disturbi a tutti gli arti, anche superiori – pertanto si consiglia nuovamente il ricovero in ospedale. Che non avviene per ovvia esasperazione del ragazzo che si oppone.
Adesso noi chiediamo: tutto questo è normale? Un ospedale pubblico può permettere che un giovane arrivi in ambulanza incapace di deambulare, senza alcun motivo immediatamente identificabile, e lasciarlo per oltre 5 ore in barella in corridoio? E’ possibile essere trattati con questo tipo di “umanità”, senza aver diritto neppure ad una risposta alle tante domande poste dai familiari al personale medico? Fosse stata la medesima situazione ma generata da cause gravi, perché si è anche ipotizzato questo, cosa sarebbe successo? E’ possibile lasciare un giovane ad aspettare che la fase acuta di un malessere passi da sola? E’ possibile non fare neppure una degna visita di accertamento (misurazione della pressione a parte)? Se dovesse ripetersi un “malessere” analogo, o addirittura più intenso al ragazzo, la responsabilità di non aver accertato nell’immediatezza di cosa si trattasse nel primo caso, di chi sarà?
Sean Gulino