Ibernazione: nel mondo 377 persone già congelate. Ma al momento non esiste una tecnica per ‘risvegliarle’

 

La vicenda della 14enne inglese congelata post-mortem dopo una sentenza dell’Alta Corte di Londra, che ha accolto la sua richiesta nonostante avesse il consenso solo della madre, mentre il padre avrebbe voluto una normale sepoltura ha riaperto improvvisamente il dibattito sull’ibernazione. Voglio avere “la chance di essere curata e risvegliata, magari fra qualche centinaio di anni”, aveva scritto la ragazza in una lettera al giudice. E’ stata accontentata. Ad oggi 377 persone nel mondo si sono fatte crioconservare, sperando di risvegliarsi nel futuro. C’è però un’avvertenza non di poco conto: al momento non esiste una tecnica per riportare in vita le persone congelate.
I 377 corpi sono crioconservati dalla Alcon e dalla Cryonics, due società statunitensi, e dalla KrioRus, che invece è russa, ma in tutto il mondo ci sono agenzie che offrono il servizio di trasporto. Oltre ai pazienti già congelati, altre 2mila persone hanno stipulato un contratto per essere ibernate dopo la morte, fra cui si contano almeno otto italiani, riportati dal sito della Cryonics. Due di questi sono Giovanni Ranzo e la sua compagna. “L’idea dell’ibernazione mi dà serenità e per me è una scommessa. Vedo questa pratica l’unica alternativa all’estinzione”, ha spiegato il professore di letteratura. Ranzo ha sottoscritto il documento nel 2006, assieme al suo amico Aldo, morto per infarto nel 2012 e già crioconservato negli Stati Uniti. Tra i nostri connazionali che hanno accettato la pratica anche una donna di Viterbo, deceduta ai primi di febbraio del 2016 e trasportata in Russia. La persona più giovane che ha avuto accesso alla tecnica è Matheryn Naovaratpong, malata di tumore al cervello, che i genitori hanno fatto ibernare a due anni.
La procedura di ibernazione inizia appena il cuore smette di battere e prima che sia dichiarata la morte cerebrale. Prima di portare il corpo a -196 gradi, la temperatura dell’azoto liquido, il sangue viene sostituito da una sostanza che protegge dalla principale controindicazione della tecnica, il congelamento dell’acqua nelle cellule. La conservazione avviene a testa in giù nei ‘tewar’, delle cisterne che contengono appunto azoto liquido. Scrivono le compagnie nei loro siti che è possibile congelare anche solo il proprio cervello, ovviamente a un costo minore.
Il servizio più caro è quello della Alcon, che chiede 200mila dollari (circa 186mila euro) per l’intero corpo e 80mila per il solo cervello. Cryonics invece ha tariffe variabili, tutte sotto i 100mila dollari. Sul sito della società viene consigliato però di stipulare una polizza assicurativa sulla vita da minimo 30 dollari al mese, che coprirà il costo della crioconservazione al momento della morte. Lo stesso professore italiano ha stipulato un’assicurazione per 50mila euro – che nel suo caso riguardano la spesa di 28mila euro per la pratica, aggiunta al resto della somma per il trasporto della salma nel Michigan – il cui beneficiario sarà il Cryonics Institute. In Russia la Kriorus chiede invece 36mila dollari per il corpo intero e 18mila per il cervello.
Chi decide di farsi ibernare dopo la sua morte, spera in futuro di essere ‘risvegliato‘ e curato dalla malattia che gli è costata la vita, grazie a presunte nuove competenze mediche acquisite dopo anni di ricerche.  Al momento però, come precisano le stesse compagnie sui loro siti, le tecniche non permettono di riportare in vita i corpi crioconservati. “

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