“L’attuale legge elettorale è pensata per 90 deputati e non per il recente taglio a 70, il listino ridotto da 9 a 7 posti corrisponde grosso modo al 10% dei posti in Assemblea regionale. Questo vuol dire che per esempio, a Messina, una lista deve raggiungere e superare il 6,5% per avere un deputato, a Ragusa il 12,5% e così via. Praticamente ci avviciniamo di molto allo sbarramento turco per tener fuori i partiti filo-curdi dall’asse democratico. Non è infatti detto che tenere fuori le liste più piccole equivale a maggiore stabilità o miglior democrazia, tutt’altro. Il fatto che poi non si siano completati i passaggi legati ai liberi consorzi fa sì che sarà ancora più disomogenea la nuova Assemblea Regionale e con le attuali situazioni politiche, c’è il concreto rischio che nessuno dei contendenti alla Presidenza arriverà a ottenere la maggioranza. Il pericolo maggiore che ci sentiamo di denunciare è però, il vulnus di rappresentanza territoriale. L’attuale legge elettorale regionale, proprio per la sua componente proporzionale a seggi diminuiti, non garantisce la giusta distribuzione di rappresentanza per un territorio vastissimo e disomogeneo, come quello messinese. Sarà inevitabile, infatti, vedere intere aree private dalla rappresentanza regionale, considerando anche il fatto che la provincia messinese ha un altissimo numero di comuni sotto i 2000 abitanti. Si ripresenta insomma, il pericolo paventato già nelle elezioni indirette provinciali – per fortuna un pasticcio evitato in extremis – dove i grossi centri avranno il controllo di grosse fette di voto. Questo, è inevitabile, aiuterà i sostenitori dei vecchi sistemi clientelari. La modifica della legge elettorale regionale, imposta e voluta da Roma, non tiene conto delle complessità del territorio siciliano e getta alle macerie i principi cardine dell’Autonomia Regionale.”
Lo dichiara in una nota Santi Cautela, consulente politico di deputati e senatori siciliani ed esperto di campagne elettorali.