Lettere al Direttore/ La riforma della “Magistratura onoraria”

L’editoriale del Corriere della sera del 12 maggio a firma di Gian Antonio Stella,prestigioso autore di libri inchieste che hanno riscosso enorme successo,ha sollevato  il problema  della Magistratura onoraria, troppo spesso ignorato o sottovalutato.

Da molti anni si attendeva una riforma organica della magistratura onoraria  che slittava periodicamente per l’antica arte del rinvio che caratterizzava il partito di maggioranza relativa della cosiddetta prima repubblica. Ora la riforma è stata approvata  ed a ben esaminarla è umiliante ed offensiva  verso una categoria di professionisti che hanno speso energie  contribuendo  in modo determinante ad arginare l’elefantiasi  dell’arretrato anzi contribuendo a ridurlo. Gli apprezzamenti all’opera della magistratura onoraria sono arrivati ,sempre ed in ogni tempo, dai Capi degli uffici. Avvocati che hanno dovuto abbandonare la professione forense,per le troppe incompatibilità con l’esercizio della magistratura onoraria si ritrovano,con la riforma ,in una situazione peggiore di quella precedente. Prima delle riforme  che in venti anni hanno rivoluzionato  l’organizzazione degli uffici giudiziari (abolizioni  delle Conciliazioni e delle Preture,soppressione di molti sedi di Tribunale) la figura  più importante dei magistrati onorari era quella  dei Vice Pretori ai quali era consentito  l’esercizio della professione anche nella stessa sede di Pretura,tranne che per il breve periodo in cui assumevano  l’incarico di reggente.Per gli attuali magistrati onorari  sono stati creati incompatibilità che di fatto  gli impediscono  l’esercizio della professione di avvocato. Per anni l’unico reddito è stato rappresentato per i GOT ed i VPO dal gettone di presenza  per le udienze senza tener conto  che l’art.36 della Costituzione  era ed è applicabile anche a loro. La riforma,con la limitazione del numero delle udienze, penalizza sia gli uffici che vedranno lievitare l’arretrato che la categoria  che continuerà a non beneficiare  di ferie e di assistenza sanitaria e previdenziale. Possiamo dire di essere certi che la riforma  assicuri a tale benemerita categoria “un’esistenza libera e dignitosa”,come previsto dall’art.36 della Costituzione ?

Luigi Celebre

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