La Sicilia con i suoi 160 mila ettari di superficie olivicola, di cui 19,4% coltivato in biologico, 350 tipi di cultivar autoctone, 6 DOP, quasi 140 mila aziende di olio e 240 milioni di euro fatturato può certamente dire la sua in termini di numeri e qualità del prodotto, ma deve attrezzarsi per porsi come competitor internazionale e affrontare i mercati di altri paesi, come Spagna, in primis, ma anche Tunisia, Grecia e perfino l’emergente Cile.
E questo perché, il comparto si trova a fare i conti con una frammentazione aziendale e un individualismo diffuso di aziende e produttori, “atteggiamenti da cambiare” anche per il vice presidente regionale della CIA, Giuseppe Di Silvestro, per il quale le nuove sfide vanno declinate con le parole aggregazione e qualità. “Incrementare le superfici olivicole stimolando politiche di investimenti adeguate, nonostante le insufficienze del Piano Olivicolo Nazionale e del PSR – ha aggiunto il presidente Catania – deve diventare una delle priorità per cambiare il volto del nostro comparto e renderlo attrattivo soprattutto per le giovani imprese”.