RIFLESSIONI SULLE ELEZIONI REGIONALI SICILIANE E SULLA LEGGE ELETTORALE NAZIONALE

Alla proclamazione dell’esito delle votazioni segue sempre una scia di polemiche per commentare i risultati,per individuare i vincitori ,i perdenti e per la patente di vincitore morale e ciò perché un po’ tutti accampano la vittoria  o scuse per negare la evidente sconfitta.

Quest’anno in occasione delle elezioni regionali siciliane le polemiche sono state inferiori alle precedenti  forse perché l’attenzione dei commentatori  si è focalizzata sulla nomina degli assessori.

Non mi pare che sia stato sufficientemente posta attenzione all’alta percentuale dell’astensionismo che, a mio modesto parere,ha come chiave di lettura il distacco fra la gran parte dello elettorato  ed il palazzo del potere comprendendo in questi tutta la classe politica sia di maggioranza che di minoranza.

Astensionismo che quasi sicuramente è disamore per la politica e frutto di dissenso generalizzato per i molti problemi insoluti e perché in questi ultimi decenni,con la scomparsa dei partiti e delle assemblee che si svolgevano nelle sezioni,è mancato il contatto con la base e tutto è diventato verticistico.

Le rare occasioni di incontro sono programmate per far parlare i leaders  lasciando poco o nessuno spazio per ascoltare gli iscritti.

Una classe politica attenta dovrebbe chiedersi : “Per chi voteranno gli astensionisti di oggi se torneranno a votare domani ?”

Cercare di riconquistare la fiducia degli astensionisti e di riportarli alle urne dovrebbe essere l’impegno delle forze politiche che credono nel valore del sistema democratico.

Non mi pare inoltre che sia stato sufficientemente attenzionato che con il voto disgiunto con il quale si è votato si è verificato che il candidato del centrodestra ha preso il 2,30% in meno rispetto alle liste che lo sostenevano e quello del centro-sinistra il 6,70% in meno delle liste di riferimento.

Il totale dei voti mancanti (9%) sono andati :l’1% a Fava e l’8% a Cancellieri (5 stelle).

Senza tema di smentita si può affermare che l’8% in più di voti  al candidato Cancellieri è il frutto di un voto di protesta in maggioranza provenienti dagli elettori delle liste di centro-sinistra.

Un segnale di dissenso molto clamoroso  che non dovrebbe far fare sonni tranquilli ai leaders interessati e che in altri tempi , quasi sicuramente, avrebbe provocato dimissioni.

E’ apparsa recentemente sulla stampa una richiesta dei radicali a firma di Emma Bonino,Riccardo Magi,Benedetto delle Vedova,i quali premesso che sono state introdotte nella legge elettorale norme punitive per le formazioni politiche non presenti in Parlamento  chiedono la riduzione del numero delle firme per presentare le liste.

La richiesta più che legittima dei radicali mi dà l’occasione per tornare sullo argomento della legge elettorale nazionale,da noi più volte modificata o cambiata mentre gli inglesi recentemente hanno votato con un sistema del ‘700,i francesi con un sistema del 1857 ed i tedeschi con uno adottato nel dopoguerra.

La motivazione alla base dei nostri cambiamenti è stata sempre quella della governabilità.

Motivazione, che al ricordo delle implosioni che in tempi non molto lontani hanno dissolto grosse maggioranze, appare molto debole e che,nel periodo attuale di molte contestazioni, viene percepita dal popolo come tentativo per la salvaguardia dell’esistente.

Le soglie di sbarramento che mortificano i movimenti ed i partiti di opinione come se le crisi di governo del passato siano da addebitare a costoro e non alle implosioni delle grosse maggioranze, le liste bloccate senza voto di preferenza mortificano l’elettore che si vede penalizzato perché la scelta è stata fatta dal vertice del partito ,sono tutte cose che allontanano l’elettore  dalle urne.

A proposito delle formazioni politiche minori che, nel periodo post-bellico della ricostruzione ed in quello successivo del boom economico chiamato dalla stampa estera “miracolo italiano”, dai giornali di opposizione venivano chiamati  “ruote di scorta” viene spontaneo chiedersi:

“Era migliore il periodo delle ruote di scorta a quello della moda dello inciucio ?”

Infine quel terzo dei parlamentari eletto in collegi uninominali crea molte perplessità.

Il sistema uninominale in Italia è stato esperimentato quando era prevalente negli elettori la scelta di importanti personalità locali alle ideologie.

Con il trionfo delle ideologie l’uninominale venne accantonato.

Farlo rivivere anche se parzialmente in questo periodo nel quale un po’ ovunque,sia in Italia che in Europa, appare crescente l’onda del frazionismo e del campanilismo,appare molto rischioso  perché i parlamentari eletti coll’uninominale si sentiranno più legati  ai problemi del loro collegio  che a quelli nazionali,il che può mettere a rischio la tenuta della coalizione vincente.

Luigi Celebre

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