In questa Italia delle diatribe sul Mes (Meccanismo Europeo di Stabilità) detto anche Fondo Salva Stati, delle zuffe verbali e fisiche tra le varie correnti politiche in Parlamento, c’è quella parte di altissima percentuale di cittadini che soffre perché manca il lavoro. Già, proprio quel lavoro in cui si parla chiaro nell’articolo 1 della Costituzione che abbiamo da sempre imparato a memoria: “L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nella forma e nei limiti della Costituzione”. Un concetto chiaro, incontrovertibile, che assume la solenne sacralità di ciò che non si può prescindere perché attraverso questo profondo significato costituzionale, si mettono in moto i diversi meccanismi legati allo sviluppo economico del Paese e delle famiglie stesse. E invece siamo con il sedere per terra. Fiere di populisti e movimenti di sardine che si affacciano come contrapposizione di chi a parole promette l’improponibile per avere i voti necessari e raggiungere il Potere, e chi attraverso i giovani si mobilita in massa in tutte le grandi piazze, sensibilizzando un nuovo movimento di protesta al caos politico italiano. Già, ma il lavoro dov’è? E’ uno dei grandi quesiti del mondo moderno che statisticamente in Italia si avverte in misura maggiore. E’ la grande piaga dei nostri tempi, difficile da curare perché non c’è quell’unione di intenti in grado di farla rimarginare. E così assistiamo inermi al caso dell’ex Ilva, dell’Arcelor Mittal che vuole restituire il colosso industriale allo stato italiano perché non intende più investire nel nostro Paese, di Fca, il gruppo auto motive che ha sede ad Amsterdam e paga le tasse in Olanda, che ha dimezzato il volume produttivo della Maserati a Torino. E adesso? Adesso c’è pure un piano dell’Unicredit che vuole tagliare 500 Filiali in Italia, riducendo entro il 2023 il proprio organico di 8000 dipendenti. Un quadretto che avvilisce, ma che al contempo deve farci riflettere nel non demordere mai e non lasciarsi andare nella deriva dello sconforto. Come? Sperando sempre in una classe dirigente valida, che prenda atto prima o poi di questo decadimento economico e sociale che investe tutti i settori del nostro Paese. Siamo fragili, è vero! Ma attenzione a non cadere nelle illusioni di maghi improvvisati, capaci di approfittare della debolezza del nostro vivere quotidiano per infatuarci di promesse realizzabili con bacchette magiche che non esistono. Su questo, siamo tutti noi i veri responsabili.
Salvino Cavallaro