Il calcio italiano tra figli e figliastri

Sette mesi di inibizione a Claudio Lotito, un anno di stop ai medici sociali Ivo Pulcini e Fabio Rodia, più 150 mila euro di multa alla Lazio. Questa è la sentenza del Tribunale Nazionale Federale, il quale si è pronunciato in merito alla violazione dei protocolli Covid da parte della Lazio. Si tratta del primo grado di giudizio rivedibile in sede di ricorso alla Corte d’Appello Federale e poi al Collegio di Garanzia dello Sport. Un caso, quello della Lazio, che risale alle prime giornate di campionato quando l’esito di alcuni tamponi effettuato ai calciatori della società di Lotito non furono comunicati alla ASL di competenza, permettendo così ai giocatori risultati positivi di scendere comunque in campo. In quella partita la squadra di Simone Inzaghi si impose sul Torino per 4 a 3 e il gol decisivo fu siglato proprio da Ciro Immobile, uno dei giocatori risultati positivi al Covid. Il club granata a questo punto ha deciso di presentarsi come parte lesa, ma il tribunale ha ritenuto inammissibile la richiesta da parte del presidente Cairo che intendeva difendere giustamente il diritto sportivo di avere vinta a tavolino quella gara ammantata da gravissimi e sommersi atti di irregolarità. E il Tribunale Federale che fa? Inibisce Lotito per sette mesi, dà 150 mila euro di multa alla società Lazio e per un anno ferma dall’attività i medici sociali rei di non avere informato le istituzioni sanitarie. Un fatto gravissimo che non tutela e non invoglia al rispetto delle regole, dell’etica e di quanto si identifica come giustizia sportiva. Sì, perché se di giustizia sportiva si doveva trattare ci saremmo aspettati in una sconfitta a tavolino per la Lazio e la conseguente vittoria a tavolino per il Torino, oltre, naturalmente, le ammende e le inibizioni magari ancora più pesanti di quanto non siano state comminate. Dunque, non capiamo perché il Tribunale Nazionale Federale non abbia consentito al presidente Cairo di procedere alla difesa della sua squadra, ritenendo l’iniziativa “inammissibile”. No, non è giusto che si faccia a livello di politica sportiva un distinguo tra figli e figliastri. La giustizia deve essere considerata una tutela per chi è stato penalizzato senza chiudere a tarallucci e vino irregolarità di così grave portata per la salute degli atleti in campo. Siamo in un clima difficile in cui spesso la vita è messa a repentaglio dal coronavirus e il mondo del pallone che per questo è tenuto sotto controllo quotidianamente, deve rispettare le regole imposte e non aggirarle a suo uso e consumo. Ne perde la credibilità, ne perde la voglia di continuare a credere (forse anche ingenuamente) che la legge sia uguale per tutti.

Salvino Cavallaro

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