Ricordando il giornalista Bruno Bernardi Il mio incontro con Giovanna Giordano.

 

E’ stato un bel pomeriggio vissuto insieme al Circolo della Stampa Sporting di Torino. Momenti fatti di ricordi, qualche lacrima furtiva di commozione che Giovanna Giordano moglie di Bruno Bernardi – ha saputo trattenere con dignità. E’ il maestro, era il giornalista sportivo e firma storica de La Stampa di Torino, morto il 19 maggio 2020. In questo speciale incontro con la moglie di uno dei miei più cari amici di sempre, ho riassaporato gli attimi di un percorso professionale e umano che hanno caratterizzato la vita di un giornalista dal quale ho attinto il sacro fuoco verso una professione stupenda, talora faticosa, ma anche emozionante. Sì, perché con Giovanna si è parlato di Bruno come fosse ancora tra noi, come se in ogni attimo avvertissimo insieme la sua voce roca e inconfondibile. Con lei abbiamo rievocato il recente successo del I° Memorial Bruno Bernardi che si è svolto proprio allo Sporting di Torino nello scorso Settembre. Molti colleghi illustri hanno partecipato all’evento sportivo e culturale, capaci di dare il giusto merito a un giornalista che ha saputo lasciare un ottimo ricordo di sé. “Con Bruno ci siamo conosciuti tanti anni fa. Ricordo che ero stata invitata a una festa tra amici. Lì mi accorsi che lui ebbe una particolare attenzione per me, ma io volli subito essere chiara sulle mie intenzioni di conoscerci, frequentarci con serietà, visto che lui era sposato e in procinto di separarsi. Poi è nato l’amore vero, grande, irripetibile, che ancora oggi sento dentro, vicino a me come se fosse successo ieri. Bruno era una grande persona, prima ancora che il maestro giornalista che tutti conoscevano. Ma ciò che pochi sanno di lui è che era una persona molto timida, per certi versi riservata, anche se davanti alle telecamere appariva sicuro della sua spiccata personalità di giornalista e profondo conoscitore di calcio, della Juventus e di tanti campioni, alcuni dei quali li definiva uomini veri”.

Il nostro dialogo fatto di ricordi prosegue tra un boccone e l’altro di un pranzo a base di pesce, tuttavia, è chiaro che l’essere seduti intorno a un tavolo a parlare di Bruno, fa passare in secondo piano ciò che ci è stato servito dal personale del ristorante. Fuori della vetrata si scorge l’immensa piscina all’aperto e poco distante si intravvedono i campi di calcio e di tennis, attorno ai quali ci sono dei prati verdi. La giornata è di un particolare chiarore, il cielo è terso e fa da sfondo a un ottobre particolarmente piacevole per Torino, nonostante il cadere delle foglie secche ci preannuncino che siamo in autunno. Con i suoi colori stupendi, con quella dolce malinconia che fa da cornice al piacevole conversare con Giovanna, la quale si apre volutamente su tanti momenti pubblici e privati che lei ha vissuto con suo marito. Sì, perché Giovanna per il suo Bruno è stata l’appiglio cui aggrapparsi in vari momenti di vita, infatti, non è un caso che in più occasioni la portava con lui e voleva apparisse anche in televisione. “Ricordo che andavamo insieme anche da Biscardi al Processo del Lunedì e in altre trasmissioni. Sembrava che Bruno si sentisse più sicuro di vedermi vicino a lui, quasi che il suo dire da opinionista gli riuscisse meglio e in maniera più fluida”. Intanto la commozione si fa evidente quando il discorso si focalizza sull’ultimo periodo della sua vita. “Stavamo bene insieme, eravamo felici. Poi ho cominciato a capire che qualcosa in Bruno non era più uguale a prima. I ragionamenti cominciavano a non seguire più la linea logica e perdeva anche il filo del discorso, quasi a non ricordare le cose. Mi sono preoccupata e ho pensato di parlarne a un neurologo. Da lì tutta una discesa di peggioramenti sulla sua salute, acuiti anche dall’emergere dei suoi problemi cronici legati al cuore e alla difficoltà di respirazione dovuta alle tante sigarette fumate durante gli anni in cui lavorava. Quando si è aggravato, i medici della struttura privata in cui era ricoverato dicevano che era probabile fosse affetto da covid. Ma Bruno non è morto per questo, ne sono sicura, me l’hanno detto all’ospedale Mauriziano, anche se da quel momento non me l’hanno più fatto vedere”.

Adesso, per ovvie ragioni, il racconto si fa più duro dal punto di vista emotivo ed è difficile proseguire su questa linea. Per fortuna sul finire del pranzo penso di sviare il discorso su di lei, sulle sue radici siciliane e su come sia arrivata a Torino. “Sono nata a Monreale, in provincia di Palermo, ma non sono figlia della fatidica valigia legata con lo spago, tipica del periodo in cui al nord si riversavano in massa i meridionali. Provengo da una famiglia culturalmente preparata. Mio fratello si è laureato in ingegneria e insieme siamo venuti a Torino. Lui ha assunto compiti di rilievo nel suo settore, costruendo il Teatro Macario e altre opere importanti di Torino, mentre io mi sono inserita nel campo medico presso l’Ospedale Mauriziano e poi ho investito in vari negozi di gioielleria, uno di questi in Via Lagrange a Torino”. Intanto, ci accorgiamo quanto il tempo sia tiranno e il caffè appena bevuto ci fa pensare al momento dei saluti. E’ stato bello incontrarci, ricordare il maestro e il suo spaccato di vita percorso insieme a Giovanna. E’ stato anche dolce commuoversi nel ricordo di un amico che non c’è più e che non dimenticherò mai.

Salvino Cavallaro                          

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