LA STRANEZZA La trincea del rimorso ovvero Cicciareddu e Pietruzzu. Che capolavoro!

Sin dal titolo comparso sullo schermo con le lettere che lo compongono sparse nel vuoto come atomi in cerca di incontro per combinarsi …come mine vaganti…come esseri soli nel vuoto di quest’esistenza, e potrei continuare, ma è stata un’immagine che da subito mi ha impressionato , fortemente suggestiva ..
Il Film del grande regista siciliano ,( mi pare che la Sicilia dia i suoi migliori frutti anche nel Cinema) Roberto Andò ha ripercorso il pensiero Pirandelliano presentando l’attore Toni Servillo nei panni di Pirandello che in preda ad una ossesione mentale vuole dare un contesto e un nome ad una creazione…ecco il titolo rappresenta proprio ” la creazione della Stranezza”.
Toni Servillo, un Luigi Pirandello redivivo si incontra per caso con due becchini Nofrio e Bastianu, interpretati da Ficarra e Picone e ne nasce una meravigliosa alchimia di Dramma , Commedia e Teatro ovvero il Letterato con i due I
strioni, due dilettanti commediografi e il teatro quello della vita…
Nella vita reale convive questo intreccio, questa fusione e noi siamo la materia.
La morte dell’amata bàlia di Pirandello Maria Stella rappresenta non solo il motivo occasionale dell’incontro ma una metafora in triplice sviluppo. Una metafora d’ inizio: ” dalla morte nasce la vita “; una metafora di centro”: la costruzione del vivere e le maschere che indossiamo che quando cadono generano il caos della un verità;
una metafora della risoluzione finale “: la creazione nel teatro”, dove i personaggi spogli di maschere cercano l’autore”
e ricordando T.Mann “Sulla strada che porta al Cimitero”
Pirandello incontra il suo destino.
Grandioso il film in cui Ficarra e Picone due becchini che si dilettano di teatro vivono vite parallele e alternano al viaggio in cimitero le prove in un teatro di canonica con odore di legno vecchio e vestiti cuciti e adattati da Santina , strumenti di intrighi e segreti.
Un teatro nel teatro o il metateatro è quello che realizza Roberto Andò dove convivono il Dramma e la Commedia , una tragicommedia dove dal riso sgorga il pianto e viceversa , il riso, amara costatazione del male cui l’uomo non può fare a meno di soccombere.
Luigi Pirandello venuto
in Sicilia per rendere omaggio a Giovanni Verga, interpretato da Luca Carperntieri, per i suoi 90 anni , , finirà con lasciare la sua orazione allo stesso Verga, schivo dall’apparire in pubblico, nel rumore degli onori, senza pronunciarla, ma l’incontro con i due becchini comici sarà foriero di uno sblocco di visione : il teatro quello arrangiato ,quello del popolo è un grande ausilio per comprendere come la cultura del “basso” si possa fondere con la cultura ” dell’alto”, come la platea e il teatro convivano e cooperino per spiegare il teatro della vita. Ecco che i personaggi del palcoscenico e quelli del pubblico si mischiano ed esplodono, rompono gli argini della ragione, abbandonano ogni freno per rivelare il caos della verità e così la comicità si risolve nel dramma.
Anche Von Platen scrisse “Edipo romantico”, alla maniera di Aristofane, per sottolineare la commistione tra tragedia e commedia.
Luigi Pirandello , osserva , assorbe questo flusso di realtà libera e riesce a portare in scena la sua ” stranezza” che avrà nome ” Sei personaggi in cerca d’autore.
La rappresenterà, dopo avere inviato l’invito a Nofrio e Bastianu, al Teatro Valle di Roma, tra la contestazione del pubblico sorpreso da questa innovazione.
Nofrio e Bastianu sono l’anima della Sicilia con il liro dialetto intrecciato all’Italiano come fosse un ricamo; in quell’ambientazione calda e ricca di natura e arte il trio protagonista Servillo, Ficarra e Picone raggiunge la perfezione nella rappresentazione farsesca di personaggi tutti grandi protagonisti per la loro forte caratteristica, dal più anonimo con ruolo incisivo al più famoso con ruolo di immagine, al più paradossale, nella commedia della vita che , come disse Seneca, è bella non per lunghezza , ma per la qualità della recitazione.
La regia di Roberto Andò non ha trascurato gli archetipi della nostra cultura, quali Aristotile , Seneca in bocca a Ficarra e Picone e ancora gli invisibili tocchi del tempo nella sua scompostezza alla maniera
bergsoniana, e quella innominata ma presente vena di ” follia” che serpeggia dall’incipit alla chiosa finale per ricordarci come la psiche,malgrado gli studi di Freud e diJung , era ed è sempre un mistero.
Poesia infine quella dei luoghi, di quel sapore nostalgico di Antico che che è sempre nell’anima della Sicilia.

Rita Chillemi

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