Addio a Bruno Pizzul, la voce del calcio italiano.

È morto all’ospedale di Gorizia. Aveva 86 anni. Dal 1986 al 2002 è stato telecronista dell’Italia. Pagine di racconto di un pallone romantico che oggi vuol dire storia d’altri tempi, ma che sa ancora emozionarci al di là di ogni colore, fede calcistica e giudizi di parte. Bruno Pizzul ha saputo dare un tocco di professionalità pura, capace di unirci in un viaggio fatto di emozioni e sentimenti. Un pallone che circola nel rettangolo verde, le squadre che si affrontano in campo per vincere, il gol che nel calcio è tutto e il contrario di tutto, traducono quelle passioni che quando venivano raccontate da Bruno Pizzul diventavano poesia. Un telecronista superpartes e, senza retorica, un uomo giornalista d’altri tempi. Così come quando ha raccontato la tragedia dell’angosciante Juve-Liverpool del 1985, così come quando esplose in un “Robertobaggioooo” nei rigori di Pasadena. Testimonianze ingiallite dal tempo, ma sempre storicamente belle da ricordare per effetto di quegli anni in cui, ancora oggi, si rievoca in noi tutto quel “come eravamo” che sa di romantica nostalgia. È dolce il pensiero di quel pallone narrato attraverso i telecronisti di allora, di cui Bruno Pizzul è stato tra i più rappresentativi italiani, per caratteristiche tecniche, vocali, e toni empatici. Era vivere la partita di calcio, era l’enfasi delle emozioni per un gol fatto o la delusione di un gol subito. Oggi la tecnica giornalistica delle telecronache di calcio è diversa, più moderna, dinamica, capace di riflettersi in quel racconto tra giornalista associato all’ex calciatore, che rende perfetta l’informazione ma sicuramente meno poetica. Ecco, possiamo proprio dire che con Bruno Pizzul si è spenta la voce che era il timbro inequivocabile della non perfezione di un racconto pallonaro, che però ha accarezzato l’anima di chi l’ha vissuto.

Salvino Cavallaro

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