Fervente attesa a Milazzo, per l’incontro casalingo contro il Vittoria.

Il calcio, questo insostituibile mezzo di aggregazione sociale, questo nostro amico – nemico che spesso ci fa gioire, soffrire e poi ancora farci riflettere sull’importanza di un gol fatto o subito, che è la quintessenza di ogni spiegazione emotiva e razionale di un pallone che traduce tutta la nostra passione. Ma poi cos’è tutto questo ardire di attese che spesso ci fa perdere l’equilibrio verso la nostra squadra del cuore, i nostri amati colori e i sentimenti che ci innalzano verso l’alto e poi ci deprimono per un risultato che non ci aspettavamo. Chissà! Ma è il bello del calcio che fa vivere brividi di emozioni e attese ammantate di ansia. Si, proprio la stessa ansia e attesa che si sta vivendo quest’anno tra la tifoseria mamertina per quel Milazzo calcio che fa sognare con scoppiettanti momenti di euforia e sordi attimi di scaramanzia per non scomodare quella parola che tutti sperano, ma che nessuno vuole pronunciare. Dopo la meritata vittoria in quel di Modica, squadra che condivide con il Milazzo il primato in classifica, domenica 16 marzo si attende l’arrivo del Vittoria che segue di poco le due capoliste. E il Marco Salmeri è già in fibrillazione. L’attesa è enorme, i cuori battono forte e pulsano costanti come il ripetuto suono dei tamburi che s’infrange tra le rocce della prospiciente Grotta Polifemo e il Mar di Ponente, anche loro in fermento per l’importante incontro pallonaro, il cui risultato finale dirà probabilmente ( anche se non ancora in maniera definitiva) quello che oggi tutti i tifosi mamertini non osano pronunciare. E mentre i ragazzi di Bognanni, pur senza facile retorica restano convinti psicologicamente che ancora non si è vinto nulla, restano positivi e grintosi di mantenere quella fame speranzosa di vittorie che l’hanno caratterizzata fin qui, in questo anno che fino ad oggi è da incorniciare. Dunque, l’attesa è davvero tanta. Si facciano pure i dovuti scongiuri e si pensi positivo, senza caricare troppo i giocatori di troppa responsabilità. Così come si è fatto a Modica. Con semplicità e molta umiltà. Salvino Cavallaro

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