Il mondo piange la scomparsa di Papa Francesco, il primo Pontefice gesuita della chiesa Cattolica. Mi riesce davvero difficile scrivere in questo momento in cui sono affranto dal dolore per la morte di una figura umile, che durante i suoi dodici anni di pontificato ha saputo seminare la forza e la speranza verso un mondo in cui l’amore si riconoscesse nell’anima di tutti, anche verso i cuori più duri e meno disposti a vedere il mondo con gli occhi di Dio. Eppure, nonostante i suoi 47 viaggi apostolici in 66 paesi del mondo in cui spesso i seguaci di Cristo si sono mischiati ad altre religioni, Papa Francesco ha saputo unire tutti attraverso quell’empatico dono del capire misericordioso che al centro di tutto c’è l’uomo, c’è la persona, c’è il capire, il perdonare senza mai condannare nessuno. “Chi sono io per potere condannare?” parole forti che erano da esempio nel rispetto verso i diversi, gli umili, gli scartati dalla società. Sì, perché in loro c’è Dio, c’è quel Gesù che ha dato amore ed è stato crocifisso. Ma Papa Francesco è stato l’amico, il confidente di tutti, anche quando, in tutta umiltà, era solito prendere il telefono e chiamare le persone comuni: ” Pronto? Sono Papa Francesco…..”. È stato il Papa che ha denunciato pubblicamente e senza alcun timore gli scandali della Chiesa, soprattutto quell’aberrante abuso sessuale verso bambini e ragazzi che per tanti anni la Chiesa ha tenuto nascosto come polvere sotto al tappeto. Per questo è stato tanto criticato da tanti ipocriti, per la sua schiettezza, solarità e desiderio di un cambiamento radicale in contemporanea con l’umiltà e l’insegnamento della Fede Cristiana. Aveva 88 anni e veniva da Buenos Aires da emigrati piemontesi. Si definiva il Vescovo di Roma venuto dall’altra parte del mondo. Sembrava quasi entrare in punta di piedi, quasi a non volere disturbare l’intimità di ognuno di noi. Ha lottato molto per la pace del mondo, fino alla fine.
Salvino Cavallaro
Foto di Edo Covone