76° anniversario della sciagura aerea del Grande Torino

Un appuntamento con la storia, ma soprattutto con il cuore. E mentre sono sempre meno coloro i quali possono dire di avere vissuto con gli occhi la tragedia di quel 4 maggio 1949 a Superga, siamo qui a riflettere come il tempo sia tiranno nel suo scorrere, senza tuttavia avere la forza di cancellare i ricordi. Se ne parla da 76 anni e da altrettanto tempo si scrivono articoli, poesie, racconti e testi romantici che hanno riempito la vetrina di quell’immensa letteratura granata che non finirà mai di narrarci le lacrime e i palpiti di emozione che vanno oltre il calcio, il pallone, anche se questo è stato il sapore principe di quella squadra di invincibili. Sembra sempre di tuffarsi nel mare infinito della retorica, ma la tragedia del Grande Torino appartiene a quella parte della storia d’Italia che, sullo sfondo dei fasti calcistici del mito del Grande Torino diventato Leggenda, ci narra anche la ripresa del nostro Paese a seguito del periodo bellico. Una storia unica, un qualcosa che va oltre il “minimalismo” dettato dalla tecnica calcistica di quel tempo che rese impossibile l’imitazione delle squadre avversarie. E ancora oggi, a distanza di 76 anni, nel pomeriggio del 4 maggio 2025 si ripercorre l’ora della tragedia salendo là, su quel colle che fu testimone della distruzione di quell’aereo che riportava a casa da Lisbona la squadra del Grande Torino assieme ai tecnici e ai giornalisti. E’ Superga, è quel Colle che piange ancora il fato, il destino di una morte che colpì il mondo intero. Si, proprio accanto a quel muro della Basilica di Superga in cui si schiantò l’aereo, tutti gli anni il capitano del Torino legge uno ad uno i nomi dei caduti alle 17,03 minuti. La Messa, la preghiera, il raccoglimento, sono poi un motivo per riflettere, unirsi e magari fare spuntare una lacrima di tristezza per quello che avrebbe potuto essere e non è stato. E’ la storia del Toro che si infiltra nell’anima, che s’interseca tra storia, orgoglio e delusione per un decadimento moderno dato dalla mancanza di competitività e di vittorie del Torino granata di oggi. E così ci si rifugia all’ultimo scudetto vinto nel campionato 1975’76 come fosse ancora una reliquia tra le reliquie di Capitan Mazzola e della Leggenda del Grande Torino. Ma in fondo il Toro è questo; il Toro è storia, il Toro è la grande bellezza di ciò che è stato nel fantastico voltar delle pagine ormai ingiallite dal tempo, che raccontano quegli irripetibili fasti. E’ poesia, è lirica, è la sintesi di una narrazione ispirata in versi dettati dal cuore, dalla memoria, dal sentimento, proprio com’è e cos’è oggi il Torino.

Salvino Cavallaro        

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