Prestigiosa è stata la rappresentazione inserita nel programma di TindariFestival2025 presso l’ex cappella dello storico Convento di S. Francesco a Patti. PENELOPE vs ULISSE, con Viola Graziosi e David Coco. Il testo è di Giuseppe Di Pasquale, in una visione diversa e attuale nel suo significato delle figure Mito dell’Odissea, che oggi continuano ad essere elaborate e recepite in un contesto umano e sociale mutato, come messaggio e riferimento.
Penelope contraddice la condizione d’inferiorità della donna nella cultura antica, per la risolutezza e la saggezza. Lei è l’unica di cui Omero dica: Gli immortali per la Saggia Penelope comporranno un canto gradito agli uomini della terra.
L’attesa, co-protagonista del testo, è la costante del vivere, ma nel viverla perdiamo il presente che ci scorre invisibile, senza piacere, solo nel dolore di quello che ci manca. Così l’attesa infinita di lui o di lei si fa sogno, tormento, disperazione, se non interviene una maturazione consapevole.
La Penelope di Omero si presenta nel nostro immaginifico come la donna che tenacemente non cede a nessuno, e attende Ulisse sino al suo ritorno per 20 anni, ma non fa i conti con il continuo scorrere del tempo, e dei suoi mutamenti non certo conformi all’immobilità attribuitale, china su una tela tessuta di giorno e disfatta di notte.
La donna nella mitologia greca è simbolo di forza, di ribellione ai conformismi, di moralità ancestrale e di superiorità intellettiva, come Penelope per la forte capacità di reggere il regno di Itaca, in assenza di Ulisse, sostenuta da un’astuzia superiore, dalla forza dell’amore di moglie e di madre, Telemaco lo ha cresciuto da sola.
Il Mito è forte ed eterno e tuttavia nel corso dei secoli la donna viene rilegata al ruolo domestico, viene depauperata dell’intelligenza, dei diritti, tanto da vederla protagonista in una continua, graduale battaglia per riconquistare quello che è dovuto ad ogni essere umano: “la dignità”.
La ricezione del Mito di Penelope viene elaborata nel tempo: già Ovidio nelle Lettere di eroine elimina l’apparato mitico e sostituisce la psicologia della protagonista, attribuendole varianti più attive e umane.
Ghiannis Ritsos, nella poesia La disperazione di Penelope coglie, nell’istante del riconoscimento, la delusione di Penelope nel ritrovarsi dinnanzi uno sconosciuto vecchio e mendicante.
La Penelope della scrittrice canadese Margareth Atwood si distacca dai lineamenti omerici, come Ulisse e entrambi fingono per farsi perdonare qualcosa l’uno dall’altro
Giuseppe Di Pasquale scrive PENELOPE vs ULISSE affidando a Viola Graziosi l’interpretazione di Penelope e a David Coco quella di Ulisse.
Nel ruolo di Penelope, la scelta di Viola Graziosi, già interprete di Clitemnestra, di Medea, di Circe, la trilogia di Luciano Violante, con la regia dello stesso Di Pasquale, nella fusione perfetta del Mito con la sua contemporaneità, è stata una felice e preziosa continuità.
Penelope, di Giuseppe Di Pasquale, non condivide più interiormente il ritorno di Ulisse dopo 20 anni come se non fossero mai esistiti… L’amore può cancellare mai tutto un vissuto di paziente sofferenza, può mai essere l’amore di Penelope come quello che Ulisse le dichiara?
Quante donne incarna Penelope filtrandole nella sua tenace tessitura?
Penelope, donna che da fanciulla ha assimilato la ferita del dolore, dopo la partenza per la guerra del suo sposo, ha tessuto giorno dopo giorno i nodi dell’attesa, divenendo lei timoniere di una nave che più volte stava per affondare, ma con la forza della mente e del cuore ha saputo reggere un Regno, crescere un figlio e lottare contro soprusi.
Penelope pretende che Ulisse racconti questi lunghi anni senza tacere nulla, vuole la verità, per ricominciare, per credere, rigettando l’inganno che aveva generato guerra, esilio e morte.
Nel suo lungo racconto, Ulisse, pur affermando un costante e fermo desiderio di tornare ad Itaca, confessa di aver vissuto tante storie, tanti amori, tante battaglie mettendo a nudo così il naturale egoismo dell’uomo che coglie le opportunità, senza schivare il rischio, il pericolo, ma senza, rinunciare a nulla.
Davide Coco, attore serio, eclettico e di rinnovata vitalità (famosi i ruoli drammatici dei suoi film), nel ruolo di Ulisse, racconta, quasi in modo scontato il suo vissuto, all’insegna di quella meta, di quel desiderio immutato; ma è ora veloce, ora sommesso il suo parlare, come se gli amori confessati fossero pagine di un libro d’altri., mentre cerca di essere credibile e persuasivo con la sua sposa …Ma agli occhi, al cuore di Penelope si sgretolano i lineamenti del suo Ulisse, perde consistenza quella forza ritrovata dell’uomo con l’arco, come se la freccia non riuscisse a fare centro.
Mentre Ulisse racconta, si erge a dea la figura di Penelope, forte della sua pazienza, della sua sofferenza, della sua rinuncia, del suo amore. Sempre più perplessa, lei guarda stupita quell’uomo che non è più quell’Ulisse amato e che ancora ama, è un altro uomo, è fantasma di quello che era stato.
La potente interpretazione di Viola Graziosi e la nuova e convincente interpretazione dell’Ulisse uomo di David Coco, la plasticità espressiva di entrambi, offrono al pubblico un’accezione al passo con i tempi dei Miti tramandati: Giuseppe Di Pasquale, affidando senza regia il testo agli attori, induce a riflettere sui limiti dell’uomo e restituisce alla donna la forza di ribellarsi, la forza di scegliere o di arrendersi.
E Penelope, richiamando la Clitemnestra di Luciano Violante, cancellando il danno di Pandora e di Eva, anticipando l’eco biblico, riconquista la dignità contro Ulisse, che nell’efficace interpretazione di David Coco perde l’eroismo attribuito da sempre alla figura maschile, ma ritrova i limiti della sua dimensione umana.
Davvero convincente il testo di Giuseppe Di Pasquale, che ripercorrendo le diverse evoluzioni interpretative del mito, ha creato una Penelope nuova contemporanea, realmente credibile nei suoi dubbi, e consapevole della forza della donna, contro un Ulisse più vero e più umano.
Rita Chillemi
