La Prof. Vera Lucia De Oliveira, premiata al concorso Lingua Madre di Torino

Incontri. Relazioni che talora nascono per caso e poi t’accorgi quanto in quel momento ci sia stato di intenso nell’idem sentire dei rapporti umani. E’ successo proprio al Salone del Libro di Torino, in quel mondo intriso di letteratura in cui l’accomunare della cultura ti dà una mano a conoscersi. Vera Lucia De Oliveira, nata a Candido Mota (San Paolo, Brasile) – coniugata Maccherani – è professoressa associata di Letterature Portoghese e Brasiliana all’Università degli studi di Perugia. Ha diversi libri di poesie e saggi e ha partecipato ad antologie poetiche in vari paesi. Scrive indifferentemente in portoghese e in italiano e ha ricevuto prestigiosi premi letterari sia in Italia che in Brasile. E anche oggi ha ricevuto un premio prestigioso al Salone Internazionale del Libro di Torino, per avere partecipato con il suo racconto “La lettera” al XVII Concorso Letterario Nazionale “Lingua Madre”, dove i racconti delle donne straniere in Italia (ma anche italiane) hanno la possibilità di scrivere ciò che scaturisce dall’anima, dalla propria sensibilità e da quei sentimenti nati nella fase di integrazione tra difficoltà e voglia di ricominciare una nuova vita. E’ il Concorso letterario nazionale ideato da Daniela Finocchi in un progetto permanente della Regione Piemonte e del Salone Internazionale del Libro. Il Concorso vuole essere un esempio significativo di interazioni che stanno ridisegnando la mappa culturale del nuovo millennio e testimoniare la ricchezza, la tensione conoscitiva ed espressiva delle donne provenienti da “altri” Paesi. Ed è vero, perché ascoltando tutte le donne premiate ho avuto modo di vivere le emozioni, le difficoltà, la fatica ma anche le soddisfazioni e le gioie di percorsi umani diversi ma simili nella loro interiorità. Così come il racconto scritto da Vera Lucia De Oliveira. Sì, proprio “La lettera” che ho voluto fosse proprio lei a raccontarcela in questa breve intervista.

Dottoressa De Oliveira, come nasce l’idea di scrivere il racconto “La lettera”?

“Il racconto – La lettera – nasce da questo desiderio che io ho di esprimere attraverso la parola ciò che diventa scrittura, di provare a essere l’altro e cioè uscire da me e immaginare attraverso l’empatia quello che possono provare le persone attorno a me. Ho sempre avuto questo desiderio fin da bambina, lo sentivo dentro di me perché osservavo molto le persone attorno a me, in tutti i particolari. Nelle cose che dicevano ma anche nelle cose che non dicevano, le parole che evitavano, i gesti, gli occhi e ricostruivo le storie che queste persone non sapevano raccontare. Così ho iniziato a scrivere piccoli racconti. Poi ho scoperto la poesia e mi sono accorta che essa ha un linguaggio molto denso, molto più forte, ed era quello che desideravo, e cioè l’intensità e la sintesi. Tuttavia, allo stesso tempo ho portato dalla narrativa alla poesia le storie. Molte persone dicono che le mie poesie sono piccole storie che non hanno un inizio o una fine, ma prendo un dettaglio, un momento della vita di quella persona e la fermo attraverso la parola. Nel farlo, mi pare di impedire che quella persona muoia, che sparisca nel nulla, che sia nessuno, così come può sembrare o può essere”.

Lei ha partecipato a parecchi concorsi e vinto numerosi premi. Come le è venuta l’idea di partecipare anche al concorso “Lingua Madre”?

“Tutti gli anni ricevo il bando, e io, scrivendo prevalentemente poesie che non fanno parte propriamente del genere richiesto dal concorso Lingua Madre, due anni fa ho pensato di scrivere poesie più lunghe, racconti un po’ più corti o un po’ più consistenti, in un libro che è ancora inedito ma che spero di potere pubblicare al più presto”.

Questo premio che ha ritirato poco fa, cosa rappresenta per lei?

“E’ importante, perché pur essendo passata a un altro genere letterario, la giuria mi ha gratificata con un premio che io ritengo davvero significativo. Sì, perché in base a quanto mi ha riferito la stessa giuria, tante persone sono entrati nel sito, hanno letto i sette racconti scelti e ho ricevuto una valanga di voti. Quando mi hanno detto questo, ho pensato che i lettori si sono immedesimati ne “La lettera” e che avessero inteso bene qualcosa di vero, così come io ho scritto. Ecco, questo pensiero mi ha dato un momento di gioia indescrivibile”.

Che idea si è fatta della città di Torino?

“Torino è bellissima. Io ero già stata un’altra volta in questa città e avevo visitato il Museo Egizio che è il secondo al mondo. Ma la città in sé sprigiona luce, tanta luce che si diffonde dal cielo azzurro anche quando inizia a imbrunire. Torino è una città affascinante, bellissima, multietnica. Una città che ci ha abbracciati. Un ricordo bellissimo che non dimenticherò”.

Salvino Cavallaro                  

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