Paolo Aghemo, raccontarsi nel nome di papà Beppe

Paolo, cosa si prova ad essere figlio d’arte?

“Si prova una sensazione di grande orgoglio e soddisfazione per quella che è stata la storia, la vita di mio padre. E ancora adesso sono tanti gli attestati di stima ricevuti, quando vado in giro e sentono il cognome che porto con grande orgoglio. Io so che quella sua vita è stata vissuta con grande passione e che ha saputo trasmettere dei valori, dei principi e un modo di stare al mondo e rapportarsi con gli altri che, vedendo queste testimonianze adesso che papà non c’è più, mi fanno capire che è una strada da seguire. Dall’altra parte dico che non è facile essere figlio d’arte. Non lo era ai tempi del calcio in cui mio papà era grande protagonista ed io giocavo, ma non lo è in generale per tutti. Infatti, avendo una figura genitoriale così importante, forse dall’esterno ci si aspetta che il figlio sia all’altezza del nome che porta, nell’essere capace di fare ciò che hanno fatto il padre o la madre. Non è così, perché ognuno di noi è diverso, e oggi devo dire che questo confronto l’ho patito per un certo periodo della mia vita. Poi ho trovato la mia strada e adesso sto cercando di seguire quel percorso precedentemente tracciato. E’chiaro che per me papà resta un punto fermo, una luce capace di illuminarmi nei momenti di difficoltà. E’ come segnare il sentiero da seguire, ma con la consapevolezza che non potrò mai essere come lui e neanche alla sua altezza. Lui è stato unico, così come ognuno di noi”.

Ma c’è qualcosa in particolare di papà che ricordi più d’ogni altra cosa?

“La generosità e la naturalezza, che però è una caratteristica che ognuno ha oppure no. Ma papà era un istintivo, un passionale. Tutte doti che però gli hanno creato più problemi che altro, soprattutto nel periodo in cui è stato presidente del Torino calcio in cui forse sarebbe stato meglio essere più diplomatici, frenando istinto e passione. Ma lui era fatto così, non c’era nulla da fare! Dunque, ciò che mi è rimasto di lui è la generosità, la passione, il rispetto degli altri e anche quell’intendere la propria professione come qualcosa che ti diverte. E io sono così nel mio intendere il lavoro di giornalista, esattamente come quando mio padre curava le pubbliche relazioni all’Unione Industriale di Torino. Sempre con passione!”.

Ci sono storie tra padre e figlio d’arte, che spesso incuriosiscono coloro i quali hanno conosciuto le gesta dei grandi papà e, al contempo, ammirano il proseguire professionale del figlio. Più grande il padre o il figlio? Paragoni improponibili, diremmo assurdi, che quasi sempre mettono in difficoltà chi si sente fare certe domande, tanto più quando il Grande Papà è deceduto a soli 71 anni lasciando un vuoto indelebile. E proprio nel giorno in cui presso lo Sporting di Orbassano, nell’hinterland Torinese, si svolge l’ottavo Memorial dedicato all’ex Presidente del Torino F.C. Beppe Aghemo, abbiamo pensato di riproporre quelle due domande che abbiamo fatto al figlio Paolo (giornalista Sky) nel corso di un’intervista che gli avevamo rivolto qualche anno fa, chfu pubblicata da Siciliapress.it e dal Calcio24.com. Naturalmente, queste due domande sono soltanto un estratto di quella che fu un’esaustiva intervista fatta a Paolo Aghemo, in cui si parlava soprattutto della sua amatissima professione di giornalista sportivo nata come passione manifestata fin da piccolo. Tuttavia, ci era sembrata sempre ricorrente la figura di Papà Beppe, che Paolo ha messo più volte in rilievo in diversi momenti della sua narrazione. Un qualcosa che va oltre il naturale affetto di un figlio che perde il Papà, in cui si sente il profondo desiderio di ricordarlo medianteogni esempio di vita che egli ha lasciato attraverso il suo essere persona perbene. Alla luce di tutto ciò, Paolo organizza da otto anni – talora anche con tante difficoltà – la memoria di Papà Beppe attraverso un evento calcistico che quest’anno si è focalizzato su un Torneo a 7 con i pulcini nati nel 2011. Tra gli altri incontri tra Alessandria, Pro Vercelli, Pozzomaina, Sisport, Sporting Orbassano, Berardenga Siena e Don Elio Monari di Modena, ci sarà anche il derby tra Torino e Juventus, una partita tanto sentita dalle tifoserie delle due sponde del Po. E in tutta questa difficile organizzazione c’è l’orgoglio di Paolo, figlio d’arte, che di papà ne vuole fare una figura da ricordare sempre in maniera vivida, per quello che è stato ed ha fatto anche per il bene sociale. Un amore che si tramanda da generazione in generazione e lascia riflettere come certi cordoni ombelicali (non solo tra madre e figlio) non si recideranno mai. E se pensiamo a tutto questo, siamo certi che anche i figli di Paolo – il giornalista Sky che tutti conoscono – sapranno nel tempo portare avanti con orgoglio la grande memoria di nonno Beppe, ex presidente del Toro, che in quei quarantadue giorni di presidenza ha dimostrato tutta la sua passione per la società, per i tifosi e per quella maglia granata che egli identificava nei Miti del Grande Torino.

Salvino Cavallaro  

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