Il calciomercato e l’effimero sogno di ogni tifoso

E’ il tempo delle tante idee, dei tanti sogni di calciomercato che però stenta a decollare a una ventina di giorni dal ritorno dei vari club per l’inizio della preparazione. Tanti i nomi, molte le ipotesi che assumono improvvisamente la concretezza che non c’è. Sì, non c’è, perché mai come in questa occasione il calcio italiano si trova in una totale confusione di organizzazione societaria, sia dal punto di vista tecnico ma, soprattutto, economica. Sembra finito il tempo degli investimenti e tutto verte in certi ritorni alla base – vedi Pogba e Lukaku – che sono carichi di nostalgia e di punti interrogativi. Si cercano prestiti con riscatto o senza e si vogliono fare le nozze coi fichi secchi. C’è crisi e le grandi società di calcio del nostro campionato mettono in evidenza il loro stato economico non più florido come in passato. Bilanci in rosso che, tranne le grandi potenze europee che sono gestite da magnati straricchi di denaro che manovrano con la legge del più ricco e quindi del più forte le sorti del pallone europeo, per il resto è solo un arrampicarsi attraverso sogni, parole, promesse, di un calcio italiano che cerca continuamente la sua vera identità. E mentre la Nazionale di Mancini mette in atto tutti i nodi da sciogliere di un calcio azzurro che è il frutto della decadenza pallonara del nostro Paese, il calciomercato sembra essere l’unico modo per girarsi dall’altra parte, sognare, parlare del nulla e non vedere realmente che cosa sta accadendo. E così il rinnovo del contratto per Matteo De Sciglio alla Juventus che accetta la decurtazione di stipendio scendendo a 1,5 milioni di euro a stagione fino al 2025, ci fa pensare a che livello siamo giunti. E parlando sempre della Juventus, Ramsey sembra essere arrivato alla risoluzione del suo contratto, Pogba dà tanto l’impressione di un ritorno importante ma non per questo ottimale dal punto di vista della sua carta d’identità. Esattamente come Angel Di Maria che per venire alla Juve (nonostante che la sua età preannunci un fine carriera) vuole 7,5 milioni di euro a stagione. Peccato che la Juve non è in grado di accontentarlo e quindi si resta a “bagnomaria” e senza alcuna soluzione definitiva. E mentre si pensa a Dzeko come vice Vlahovic (assurda idea per una Juve che a parole ha la voglia matta di ritornare a essere la Vecchia Signora d’un tempo) il futuro di Morata è ancora tutto da definire. Oggi scade l’opzione di riscatto dell’attaccante spagnolo ma la Juve non intende esercitare la cifra pattuita a suo tempo che era definita sulla base di 35 milioni di euro con l’Atletico Madrid. Insomma una chiara situazione di una Juve i cui conti non aiutano a pensare con fluidità un futuro da ricostruire dal punto di vista tecnico. Mettere le mani in tasca e spendere, così come ha fatto in maniera forse scriteriata fino all’acquisto di Cristiano Ronaldo, oggi è solo ilpensiero di ciò che è stata la società bianconera. Quando Andrea Agnelli venne nominato presidente, la Juve si leccava ancora le ferite di Calciopoli e la squadra era settima in classifica e fuori dalla Champions con una capitalizzazione in Borsa di 162 milioni. Oggi, a distanza di dodici anni, c’è una nuova sfida con lo stesso capo in testa che, però, sembra usurato e stanco da tante situazioni che si sono intersecate non sempre facili da gestire, nonostante i nove scudetti consecutivi conquistati, Coppe Italia, Supercoppe, ma senza vincere alcuna Champions. E allora si va avanti con una squadra da rifare, un tecnico che non ha più convinto e un solo investimento fatto a gennaio scorso, che risponde al nome di Vlahovic. Ma non basta, perché dopo l’uscita di Dybala (dal quale la Juve non ha guadagnato neppure un euro), Bernardeschiforse altri che serviranno a monetizzare le casse della Juventus, c’è da organizzare un presente e un futuro che non si presenta per nulla facile. E mentre il mercato estivo delle chiacchiere sotto l’ombrellone stuzzica ancora qualche residua curiosità, resta il sogno persistente dei tifosi che rimangono i veri inguaribili di un pallone che sbiadisce sempre più il suo antico interesse.

Salvino Cavallaro          

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