Shoah. 78 anni dopo quel maledetto 27 gennaio 1945, cosa resta in noi?

Già, per non dimenticare. Spesso usiamo questa frase per significare l’importanza della memoria, del ricordo di fatti, personaggi e accadimenti che hanno segnato la storia dell’uomo nel mondo. E per antonomasia, quando si parla, si ascolta o si scrive per non dimenticare e sollecitare la memoria legata all’anima di ognuno di noi, ecco che il pensiero corre veloce alla Shoah, termine che in ebraico vuol dire catastrofe, distruzione,che ha trovato ragioni storico – politiche nel diffuso antisemitismo secolare. “Ogn’anno il 27 gennaio…..”. E’ come una fiammella sempre accesa che, poca o tanta, fa luce ai nostri occhi e alla mente che ha bisogno di ripassare il film di una storia che ci appartiene. Un appuntamento importante con la memoria, il ricordo dell’Olocausto. Un qualcosa che ancora oggi lascia ferite profonde soltanto al pensiero di come l’uomo abbia potuto permettere a se stesso una così aberrante ferocia verso il genere umano. E’ il genocidio del popolo ebraico; uccisioni e torture di donne, bambini, vecchi, da parte della Germania Nazista e dei suoi alleati. E’ la pagina più brutta e angosciante che la storia del mondo abbia scritto negli annali dell’esistenza umana. Altre guerre e altri fatti tremendi si sono succeduti, ma la Shoah resta l’emblema eclatante della cattiveria umana che si spinge oltre ogni limite. Con il termine Shoah fu ufficialmente indicato lo sterminio degli ebrei da parte dei nazisti tedeschi. Si tratta di un giorno particolare che non può passare inosservato e lasciarci insensibili. Questo non è davvero possibile per noi, per i nostri figli e per le generazioni che verranno. Tra il 1933 e il 1945 furono circa 17 milioni le vittime dell’Olocausto (dal greco holokaustos “bruciato interamente”), tra cui 4 – 6 milioni di ebrei. L’attualità, infatti, ci pone continue riflessioni che ci mettono a nudo di fronte all’interrogativo del significato profondo della vita nel rispettare le diverse ideologie politiche, religiose, razziali, sessuali, che faticano a imporsi come sentimenti legati alla democrazia, alla libertà e al rispetto della diversità. Per questo motivo ci chiediamo cosa resta in noi e nei giovani di oggi, cui la storia affida sempre l’eredità della continuità ideologica. Una domanda difficile che ci responsabilizza a migliorarci, mentre desideriamo un momento di ulteriore riflessione, di silenzio, di deferenza verso chi ha perso la vita in maniera assurda quanto atroce. La speranza che l’uomo impari dai propri marchiani errori commessi nella storia deve essere viva, sempre. 78 anni dopo Auschwitz e a seguito di nuovi fatti di razzismo, di pericoloso fanatismo, di guerre sanguinarie che stanno devastando l’Ucraina, i civili e gli innocenti da parte della Russia, e poi la ferocia dell’Iran che arresta e uccide le donne, i giornalisti che con il proprio lavoro svolgono l’azione di pluralità dell’informazione, ci chiediamo quale sarà il futuro del mondo. E, se da una parte ci sentiamo sconfortati al pensiero che il sacrificio di vite umane non insegni nulla all’uomo per ravvedersi, dall’altra parte desideriamo vivamente, anche attraverso la giornata della memoria, aggiornare le nostre coscienze che troppe volte davvero sembrano essere alla deriva di tutto.

Salvino Cavallaro

Articoli consigliati