Sentirsi napoletani anche senza esserlo

Napule è mille culure
Napule è mille paure
Napule è a voce de’ criature
Che saglie chianu chianu
E tu sai ca‘ non si sulo

Napule è nu sole amaro
Napule è addore e’ mare
Napule è na‘ carta sporca
E nisciuno se ne importa
E ognuno aspetta a’ sciorta

Napule è na‘ camminata
Int‘e viche miezo all’ate
Napule è tutto nu suonno
E a’ sape tutto o’ munno
Ma nun sanno a’ verità

Napule è mille culture
(Napule è mille paure)
Napule è nu sole amaro
(Napule è addore e’ mare)
Napule è na‘ carta sporca
(E nisciuno se ne importa)
Napule è na‘ camminata
(Int‘ e viche miezo all’ate)
Napule è mille culure
(Napule è mille paure)
Napule è nu sole amaro
(Napule è addore e’ mare)

Abbiamo voluto cominciare così, perché pensiamo che questo testo scritto da Pino Daniele rappresenti meglio di ogni altro quella “napolitanità” tipica del cuore di Napoli e dei napoletani. E poi c’è a cazzimma”, e cioè un neologismo napoletano molto in voga in questi ultimi tempi che sintetizza quell’atteggiamento improntato a furbizia opportunistica o cinica, teso a ottenere il proprio esclusivo tornaconto senza preoccuparsi del fatto di potere in tal modo nuocere ad altri. E’ quindi la scaltrezza di andare avanti con grande autostima. Tutto questo preambolo per dire come tanti di noi si rivedono nella simpatia e nel cuore dei napoletani che, soprattutto in quest’anno in cui la squadra di Spalletti ci inonda della grande bellezza del suo calcio armonico, mostrano tutto quell’orgoglio e quella forma di rivalsa tutta meridionale. Il Napoli è una bellissima squadra che non ha rivali, gioca a memoria ed è come un’orchestra capace di suonare note che deliziano. Un corpo unico costruito magistralmente dalla società, dai suoi dirigenti, dai tecnici, dai giocatori e persino dagli stessi tifosi napoletani che nonostante l’atavica scaramanzia insita nella cultura napoletana, stanno già pensando di festeggiare il terzo scudetto molto tempo prima della fine del campionato. 18 punti di distacco sulle seconde squadre, rappresentano il palese pensiero di avere già conquistato il tanto sospirato scudetto. L’euforia e il folklore tipico di Napoli emerge proprio in una circostanza come questa, in cui il cuore prende il posto di qualsiasi altra cosa. Affrontare quest’anno gli azzurri napoletani è come andare al teatro per ascoltare un’opera classica e ritrovarsi a vivere un concerto fatto di rock duro, jazzisti scatenati, cori blues e musica pop. Non sappiamo davvero se questa metafora idealizzata per esprimere il concetto di calcio brillante, sia adatta a far vivere la meraviglia e lo stupore di un football che inizialmente non t’aspetti e che poi fa rumore, piacevole rumore! Intanto il Napoli vince, gioca bene, si diverte e fa divertire attraverso i guizzi di Kvaratskelia, quel funambolico calciatore georgiano capace di essersi svelato un vero e proprio fenomeno piacevolmente inaspettato da Napoli, dalla stessa società e dai tifosi che oggi, col senno di poi, possono dire di avere dimenticato le lamentele contro il presidente De Laurentiis, per non essere riuscito a trattenere a Napoli, Insigne, Koulibaly e Mertens, pensando che questo potesse far ritornare il Napoli nelle retroguardie di un calcio sterile di gioco e vittorie. E invece il Napoli è rifiorito meglio di prima con Osimhen – vero pezzo pregiato di questo Napoli – il capitano Di Lorenzo, Kim Min, Lobotka, Zielinski Anguissa, Ndombelè, Lozano, Simeone, Politano, Raspadori, perle di una collana perfetta. Ed è dunque piacevole avere scoperto che dal punto di vista calcistico ci si senta un po’ napoletani senza esserlo di fatto. Sì, perché tu puoi tifare per qualsiasi altra squadra d’Italia, ma nessuno ti toglie il piacere di vedere giocare il Napoli di Spalletti, capace di riconciliarti attraverso il suo calcio champagne. “Napule è mille culure, mille paure, Napule è a voce de’ criature che sagli chianu chianu” cantava Pino Daniele con Diego Armando Maradona. E chissà quale testo bellissimo scriverebbe oggi per il suo Napoli. Magari una canzone dal titolo “Sentirsi napoletani anche senza esserlo”.

Salvino Cavallaro

             

 

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