Con la Lazio ritorna in auge il gioco di Maurizio Sarri

A un certo punto della sua carriera è stato in procinto di lasciare il calcio. Lo ha rivelato Maurizio Sarri in una recente intervista: Non mi divertivo più e anche in allenamento stavo perdendo gli stimoli necessari a dare un senso, anche perché non vedevo attorno alla squadra il necessario entusiasmo”. E’ il calcio, è il suo professionismo super pagato che va in delirio quando non arrivano i risultati, pur mettendo tutto l’impegno e il credo tattico che la scuola di pensiero suggerisce agli allenatori innovatori del calcio champagne. Quella di Maurizio Sarri è una storia di calcio offensivo in cui si delinea il gioco del football adatto a mettere in atto schemi tattici che talora devono quasi essere studiati a memoria. Movimenti che richiedono automatismi tra i reparti e dove il gioco deve essere essenzialmente inteso in forma verticale, evitando, là dove è possibile, di far indietreggiare il proprio gioco in fase di possesso palla.  Tegoleto, U.S. Sansovino, Sangiovannese, Pescara, Arezzo, Avellino, Verona, Perugia, Grosseto, Alessandria, Sorrento, Empoli, Napoli, Chelsea, Juventus e Lazio, sono state le squadre che ha allenato in carriera partendo dai dilettanti e salendo la scala del professionismo. Sempre con la stessa idea, sempre con la tigna e la ferrea idea che il calcio non può essere inteso in maniera minimalista con un gioco sparagnino fatto di un gol e poi rinchiudersi in difesa per difenderlo fino alla fine. No, questo non può esistere nella scuola di pensiero sarriano. Teorie non sempre riconducibili all’atto pratico, anche perché, in primis, devi avere i giocatori tecnicamente adatti a sviluppare un certo tipo di gioco in una mentalità che non può essere assorbita soltanto da pochi giocatori, ma deve essere concepito da tutta la squadra nel suo insieme. E’ il concetto di calcio che è gioco di squadra e, quindi, deve essere sviluppato all’unisono. Tuttavia, non sempre Maurizio Sarri ha trovato nelle squadre che ha allenato i giocatori adatti a mettere in campo il suo credo calcistico e, in tanti anni di carriera, ci sono stati momenti di alterna fortuna che hanno fatto parlare di lui come il guru del calcio, ma anche l’incosciente sognatore di un calcio non attuabile in pratica. Tutti ricorderanno che Sarri ha raggiunto il suo apice a Napoli, con una squadra che aveva imparato a memoria la sua visione di calcio, il quale divertiva i cultori del bel gioco e che allo stesso tempo faceva entusiasmare anche gli stessi giocatori. Ebbene, quella squadra fallì per poco la conquista dello scudetto per avere speso troppe energie fisiche e psicologiche. In quella occasione si disse che Sarri aveva chiesto troppo alla squadra per tutto l’arco del campionato, avendo fatto leva soltanto sugli stessi giocatori da mandare in campo. Poi l’esperienza al Chelsea, dove memori della bellezza del suo gioco gli diedero subito fiducia, pensando che in Premier League potesse ripetere ciò che aveva fatto a Napoli. Non fu così, perché diverso era l’ambiente e diversi erano i giocatori che non seppero “digerire” i suoi insegnamenti. Poi la Juventus dove vinse il suo primo e unico scudetto della sua carriera, anche se, pure in questo caso, non si distinse per quel gioco champagne che i dirigenti della Vecchia Signora di allora gli chiedevano. E poi quel suo carattere particolare, scontroso, mai elegante in sede di conferenza stampa, che non poteva essere da Juventus – almeno, così si disse allora – in quell’anno in cui Sarri sedette sulla panchina bianconera. Era una questione di immagine. In seguito, la sua storia recente ci ricorda un anno sabbatico in cui, ancora sotto contratto della Juventus decise di riflettere sul suo futuro, mentre l’anno seguente accettò la proposta del presidente Lotito che lo volle alla Lazio. E qui, come in tanti altri posti dove ha allenato, non ha trovato subito terreno fertile per problemi di empatia con la squadra. Ma è stato solo l’inizio di un anno che doveva essere di ambientamento per lui e i suoi giocatori, tanto è vero che quest’anno Sarri e la Lazio ha centrato il secondo posto in classifica, l’antico gioco divertente, la brillantezza, la freschezza mentale e fisica dei suoi giocatori ma, soprattutto, la possibilità di far parte della Champions League dell’anno prossimo. E soprattutto adesso che è rientrato Ciro Immobile dopo un grave infortunio, la squadra sembra avere ritrovato il suo capitano carismatico capace di trascinare tutti a intendere il gioco voluto dal loro allenatore. E’ il calcio che si materializza nella sua tanta bellezza offensiva, nonostante le sue tante sfaccettature che spesso lo rendono difficile nella sua più semplice concezione di gioco. Questo è Maurizio Sarri, il mister nato a Napoli e vissuto in Toscana che è senza peli sulla lingua, qualche volta pure antipatico, ma ammirevole nel suo intendere con cocciutaggine nel calcio spettacolo.

Salvino Cavallaro

 

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