Il diritto all’oblio oncologico è una rivoluzione culturale

Tutto ciò che rientra nei termini oggettivi di una legge approvata all’unanimità per andare incontro ai principi sociali e culturali, non è solo merito della maggioranza di governo ma anche dell’opposizione. La legge sull’oblio oncologico, approvata al Senato in via definitiva, esclude qualsiasi forma di pregiudizio o disparità di trattamento verso coloro i quali, essendo pazienti oncologici, venivano spinti ai margini della società. Lo scopo della norma è quello di evitare discriminazioni nell’accesso dei servizi bancari, assicurativi e finanziari. In buona sostanza, il diritto all’oblio è il diritto di non fare menzione dell’esperienza di malattia attraversata, quando il tempo trascorso e le condizioni di salute la rendono non più rilevante. Quando è scomparso il rischio in eccesso dovuto al cancro, un lasso di tempo identificato in dieci anni dal termine delle cure attive per gli adulti e cinque anni per i tumori diagnosticati prima dei 21 anni di età, senza che si siano verificati episodi di recidiva. E non sono pochi i guariti, gli ex ammalati di cancro che potranno beneficiare della nuova tutela, se pensiamo che in base alla stima effettuata in Italia risultano oltre un milione di persone guarite, possiamo proprio dire che questa legge è ossigeno puro per il corpo e la mente delle persone che oltre la malattia desiderano essere trattati al pari degli altri. Ma attenzione, questo grande traguardo civile non deve essere visto come la sola vittoria politica di destra, ma di un Senato Italiano che, vivaddio, ha messo da parte ogni propaganda elettorale per dare spazio alla dignità e alla giustizia oltre la malattia. Fatto più unico che raro. Tuttavia, in questa circostanza, ci sentiamo di applaudire la capacità di mettere davanti a tutto e a tutti una coscienza sociale e culturale di notevole spessore.

Salvino Cavallaro

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