Federico Chiesa, ovvero quando l’atleta si infortuna e non ti pensa più nessuno

In questo mondo di luci, bagliori e lampi di successo, non sai mai quanti amici veri sapranno essere tali nel momento in cui quelle stesse luci si attenuano o addirittura spengono la ribalta. E’ il palcoscenico della vita che ci insegna a gioire tutti insieme quando si ride e poi rimanere soli quando si soffre. E allora prendiamo ad esempio  uno dei casi più recenti di grave infortunio nel mondo del calcio. Federico Chiesa, l’attaccante della Juventus che si è infortunato gravemente durante la partita contro la Roma, procurandosi la rottura del legamento crociato anteriore del ginocchio sinistro, ed è stato operato a Innsbruck dal Prof. Christian Fink. L’intervento dal punto di vista tecnico è riuscito perfettamente, tuttavia, l’attaccante dovrà restare fermo sette mesi. Un tegola caduta in testa a un ragazzo professionista che adesso si trova lontano dalla squadra, dai suoi compagni, dal ritrovarsi quotidianamente a rincorrere il pallone in quel della Continassa, la casa della Juventus. E così lo immaginiamo in un momento difficile della sua vita di calciatore ma soprattutto di ragazzo abituato a vivere le domeniche nel rettangolo di gioco, preso sempre dall’adrenalina di fare gol o un passaggio a un compagno che sia utile alla vittoria per la sua squadra. E poi il rituale del post gara, le interviste, i giornalisti che si accalcano per avere notizie sulla partita, su te, sulla squadra. Bagliori di luce che si intersecano al cercare di capire quanto tutto ciò abbia una minima traccia di umano o, piuttosto, sia soltanto il festival dell’egoismo di un iter che sa di dare e avere, mentre qualche volta ci si riduce pure a dare senza avere. E adesso che Federico non lo cerca più nessuno perché non è parte attiva della squadra, chissà se avverte il senso della solitudine proprio mentre vede i suoi compagni in televisione che giocano tra Campionato, Champions e Coppa Italia. Troppo spesso davvero tutti noi che scriviamo di calcio ci dimentichiamo che oltre la ricchezza economica di un mondo a parte qual è il pallone professionistico, c’è sempre un’anima da curare all’interno dell’uomo calciatore. Sì, proprio quel calciatore del quale ne enfatizziamo la bravura quando fa gol a raffica o fornisce ottime prestazioni, per poi demolirlo quando la sua forma fisica e mentale non lo supporta più come prima. E’ il gioco della vita che si rispecchia sempre nei momenti di gloria, ma che non sa mai dare l’equilibrio delle cose. Da un eccesso all’altro, proprio come fosse normalità. “Tanto i soldi li hanno, sono ricchi sfondati”. E’ una delle tante frasi qualunquiste che spesso si sentono dire senza mai pensare alla persona, sia essa ricca o povera, ma fragile e mai onnipotente proprio come ciò che siamo tutti noi. Certo, queste sono solo piccole considerazioni, pensieri o riflessioni che trovano il tempo che trovano, senza avere la supponenza di volere cambiare il mondo e i suoi rappresentanti; cioè tutti noi. Soltanto la consapevolezza di ciò che è il mondo e la vita. Niente più!

Salvino Cavallaro               

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