La recensione/ “Giallo Zinco”, un romanzo tutto da leggere

Laureata in architettura, Donatella Renda, nata a Messina dove vive, insegna a Lipari e si porta dietro l’ amore per la sua città mescolandolo… alle acque limpide del mare.

Appena l’ho conosciuta, mi sono detta: ecco una persona pulita, limpida, bella… sensazioni a pelle e quando ho ascoltato la presentazione del suo libro, mi sono quasi complimentata con me stessa per non essermi sbagliata.

Donatella dichiara di aver scritto il suo giallo perché “era giunto il momento” e appassionata ne descrive per sommi capi la trama, ma non chiarisce il perché fosse giunto il momento.

Lo incipit del romanzo è un misto di bellezza, quella della sua città vista dal suo appartamento e il pianterreno dove è” attivo “ l’esercizio dello zio Dante, insomma un negozio di pompe funebri.

E così che la storia intrisa di umor e di realismo si sviluppa in una Messina ora bella perché lo è realmente, ora indecifrabile, avvolta dalle tende dell’ambiguità, dove vivono giovani come Raul che lavora – per modo di dire- a un giornale, ma che non ama assolutamente il lavoro del giornalista e che trova le sue motivazioni interiori tra quelle tende e cadaveri che sono il lavoro dello zio.

Raul per caso incontra Anita e per caso scopre la sua innata attitudine per l’indagine, per il “particulare” che lo porta alla verità.

Anita non è solo la ragazza che s’innamora di lui e che lo fa innamorare, ma la leva che lo solleva dal piattismo, dalla noia, il coraggio per dipanare una matassa vecchia, difficile da snodare.

Raul che vive con un gatto e un cane, che ama correre in bici, “il mezzo del futuro”, come lui lo definisce, rappresenta il sogno di Donatella Renda, di una Messina riscoperta, di una Messina vivibile da percorrere con dinamismo a piedi e in bicicletta, quel dinamismo che caratterizza tutta la vicenda, tutte le scene di Giallo Zinco, ora segnate dalla paura, dal rischio, ma dal coraggio di pervenire alla verità; il coraggio di illustrare la Messina del passato, cominciando dal Cimitero, luogo d’Arte e di Magnificenza, di camminare tra i morti ammirandone le glorie dei Monumenti e la gloria dei tumuli di coloro che hanno dato la vita senza ora avere un nome, il coraggio di Raul e Anita di dichiararsi il loro amore in un luogo che sa di Eternità, mentre una pioggia porta via ogni dubbio e presenta una verità che è illuminante, ma non può essere illuminata.

I protagonisti dell’indagine, del Mistero che Raul riesce a scoprire, sono morti e vivi, sono anche loro mescolati come se la vita non fosse separata dalla morte, ma un insieme che si sviluppa nel romanzo con dinamicità, tanto da suggerire che Giallo Zinco possa diventare un appassionante sceneggiato, purché mantenga quella lingua italiana limpida, fluida, elegante, in cui la Grammatica e la Sintassi si muovono in una danza armoniosa.

Ecco il “perché era giunto il momento” per Donatella Renda: il momento di rendere Giustizia a Messina, la bellissima città dello Stretto, avvolta dalle tende dell’ambiguità, sulla cui bellezza si è deposita la polvere del mistero, della dimenticanza, di descriverla con quell’italiano limpido e giallo, ahimè sempre più opacizzato da misture e ignoranza, e di far risplendere il Sole.

 

 Rita Chillemi

 

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