Caro energia. Damigella: “Aziende costrette a chiudere. Intervenga la magistratura e Confindustria”

“Non è più una situazione sostenibile, le aziende dalle più grandi alle più piccole non sono in grado di sostenere i costi dell’energia che in acini casi si è quadruplicato e saranno costrette a chiudere”. Questo il quadro che traccia Giovanni Leonardo Damigella imprenditore nel settore del marmo, allarmato per il mancato intervento dello Stato per invertire la tendenza. Secondo Damigella il conflitto Russo Ucraino non avrebbe nulla a che vedere con l’aumento sproporzionato del costo dell’energia così come il caro benzina che di fatto in questo momento non esiste perché il costo del petrolio è sceso. E sempre Damigella rilancia le possibili soluzioni sotto gli di tutti ma non della politica, troppo impegnata nel promuovere se stessa per le imminenti elezioni. “Ci sono le centrali ad olio combustibile pronto ad entrare in funzione, c’è il fotovoltaico, l’eolico, l’energia termica. La politica invece non fornisce risposte alle richieste degli imprenditori e non da soluzioni che sono alla portata di tutti. Allora, bisogna rivolgersi alla magistratura”. Un duro attacco contro la classe politica quelli di Damigella, preoccupato da imprenditore, per le sorti di tante aziende che non riescono più a sostenere i costi di gestione, le bollette troppo elevate che avranno come unico risvolto quello di far chiudere trascinando nel baratro imprenditori e lavoratori. Un appello allora alla magistratura invocando gli art. 501 e 501 bis del Codice Penale nella parte in cui stabiliscono che “ sono punite le manovre speculative su merci”, sostenendo che si tratti di speculazione ed aggiotaggio. E conclude: “Io mi auguro e auspico che la magistratura possa avviare l’azione penale, difendendo così i cittadini. Il legislatore fa riferimento a chi “adopera altri artifici atti a cagionare un aumento…”. Vi rientrano quindi tutte le operazioni che in concreto destabilizzano il mercato. Mi auguro che anche Confindustria e le varie associazioni di categorie si sveglino dal lungo letargo e che si intraprenda una class action. Non fermare questa speculazione porterà la recessione e, di conseguenza, dei disordini sociali. È un rischio enorme che dobbiamo a tutti i costi scongiurare”.

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