Pietas e processo di santificazione. L’abuso di due termini diventati di uso comune a seguito della morte di Berlusconi.

E’ la divisione del popolo italiano. È il frutto di ciò che ha seminato volutamente Silvio Berlusconi dal momento in cui decise di entrare in politica. È stato l’errore più grande della sua vita, accecato com’è stato dal desiderio di cambiare il nostro Paese e portarlo a difesa dei suoi interessi personali e non certo per il progredire di una modernizzazione politica e culturale risultata sempre di facciata. Lo testimoniano i tanti procedimenti penali a suo carico sul conflitto di interessi e di tante altre accuse e denunce finite in tribunale. Eppure, tra una storia e l’altra, Berlusconi ha rappresentato trent’anni della storia della Repubblica Italiana con profonde lacerazioni politiche e insanabili divisioni culturali. Colpe e meriti si sono inseguite tra fazioni politiche di sinistra e di destra, alla ricerca di una verità oggettiva e apolitica che ancora oggi, dopo che Berlusconi è mancato da soli 48 ore, crea feroci dissidi intellettuali e politici tra inguaribili detrattori e affascinati amanti di effimere promesse mai mantenute di fatto, ma che si sono camuffate in illusione di positività per il benessere di tutti. È stata la mercificazione di un Potere personale che aveva bisogno dell’elettorato per allargarsi ancora di più. Questo è quanto il quadro politico e istituzionale ha offerto in 30anni di politica berlusconiana. Oggi, ognuno può dare sfogo al proprio pensiero post mortem di Silvio Berlusconi che è divisibile tra ironici processi di santificazione dei suoi detrattori, l’ipocrito senso di apparente pietas umana che nasconde l’insanabile odio politico e l’eterna difesa e benevolenza di chi in vita lo ha difeso e continua a farlo oltre la morte. E mentre pensiamo al nostro essere d’accordo alla celebrazione dei funerali di Stato, ci chiediamo perché sia stata indetta dallo Stato Italiano anche una giornata di lutto nazionale. Quanta confusione in tutta questa perdita di significato e rispetto profondo della morte, che chiamiamo pietas umana. E mentre ci ritornano in mente le parole del Principe Antonio De Curtis in arte Toto’: ‘Nu rre, ‘nu maggistrato, ‘nu grand’ommo, trasenno stu canciello ha fatt ‘o punto c’ha perzo tutto, ‘a vita e pure ‘o nomme……… Perciò stamme a ssenti……Sti ppagliacciate ‘e fanno solo ‘e vivi, nuje simmo serie…appartenimmo a’ morte” – non possiamo prendere atto che tutto finisce e poi ricomincia in questa vita in cui il bene e il male si rincorreranno per sempre.

Salvino Cavallaro

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